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Massimo Spinelli. Borderline
Mostra personale
Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano
8 gennaio - 3 febbraio 2003
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Chiunque si trovasse vis-à-vis con Massimo Spinelli esiterebbe nell’attribuire ad un uomo dall’aspetto tanto mite, gentile e “perbene”, i lavori appositamente selezionati per questa mostra. Il crudo mondo di prostitute e transessuali, quello assordante delle discoteche, così come quelli altrettanto estranianti della metropoli e della droga, divengono per l’artista torinese un inesauribile cappello a cilindro da cui estrarre personaggi e situazioni a volte dalle tinte talmente forti da risultare persino fastidiosi ai più. Certo non farebbe piacere ad alcuno di noi starsene impassibili di fronte ad una ragazza incattivita da chissà quante e quali esperienze di vita mentre, sguardo sprezzante, alza il dito medio e palesemente ci manda a benedire. Allo stesso modo il transessuale, fermo sul ciglio della strada, in tanga e reggiseno ma dal volto ben oscurato -in fin dei conti non è certo questo ad attrarre un eventuale cliente- che si china per contrattare il suo prezzo, non costituisce affatto una realtà di cui andare fieri, ma da rigettare, la notte, quando l’altro mondo -quello “normale”- dorme, nei sobborghi di periferia. Ma è poi vero che la vita che conduciamo alla luce del sole, quella fatta di lavoro, di pubbliche relazioni, di scambi interpersonali, sia effettivamente quella giusta, che vale la pena di essere vissuta? In Akuji the earthless e ne Il quinto elemento, gli unici personaggi che sembrano agire o comunicare con lo spettatore, anche solo attraverso lo sguardo, sono proprio quelli virtuali dei videogame: tutti gli altri, i cosiddetti “normali”, passano l’uno accanto all’altro senza neppure rendersi conto di sfiorare altri esseri umani, ciascuno chiuso nella propria esistenza, e forse ancora più solitario dei giovani che in discoteca si scatenano ballando sotto o sopra il cubo. Ma perché dare per scontato che un uomo ben vestito, magari con un cospicuo conto in banca, si senta più realizzato di un altro che, corpo ricoperto di tatuaggi e piercing, vive al confine di questa stessa nostra società? In fin dei conti non è certo una lente di ingrandimento che ci può aiutare a cercare noi stessi. È contro i pregiudizi che si schierano le opere di Spinelli: tutti noi desideriamo un mondo perfetto, senza violenza né brutture, ma la Perfezione assoluta, quella ideale che metterebbe tutti d’accordo, non esiste. Solo il rispetto reciproco può garantire la convivenza. Torino, 29 novembre 2002
Adelinda Allegretti
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Rassegna stampa |
- City Milano, n. 18, anno 3, p. 16, giovedì 30 gennaio 2003
- City Milano, n. 5, anno 3, p. 14, lunedì 13 gennaio 2003
- Il Giorno, n. 6, anno 48, p. XVII, mercoledì 8 gennaio 2003
- La Repubblica, n. 6, anno 28, p. VIII, mercoledì 8 gennaio 2003
- Milano Arte, n. 1, anno II, p. 17, 15-31 gennaio 2003
- Torino Cronaca, n. 10, anno LIV, p. 13, mercoledì 15 gennaio 2003
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