Gregg Simpson. The Colour of Dreams Mostra personale
Arte Borgo Gallery, Roma 22-29 aprile 2017
La mostra gode del patrocinio dell'Ambasciata del Canada
Per tracciare il complesso sviluppo della ricerca artistica di Gregg Simpson è necessario guardare alle vicende non solo canadesi, ma europee, della storia dell’arte degli ultimi cinquant’anni. Al visitatore che per la prima volta si accostasse alle sue opere sarebbe difficile credere che le radici della sua pittura risalgano alla Pop Art degli anni ’60, sebbene identificabile nel senso cromatico di alcuni lavori. Ma è proprio l’attenzione costante alla sperimentazione che ha portato Gregg a confrontarsi nel corso del decennio successivo con il Neo-Surrealismo e, negli anni ’80, con un’astrazione di natura organica, dalla quale non si è mai più separato. É da qui, pertanto, che prende inizio la nostra analisi. Ma prima ancora credo sia fondamentale sapere dove Gregg è nato e cresciuto, perché la foresta pluviale della costa occidentale canadese ha segnato in maniera indelebile la sua identità artistica. Forse per chi vive in una metropoli è complicato comprendere appieno la quotidianità trascorsa in simbiosi con la natura. Non parlo certo della natura selvaggia ed incontaminata in cui l’uomo stesso è un elemento di disturbo, ma sicuramente l’Isola di Bowen, dove Gregg vive e lavora, è molto lontana da smog, metropolitana e fiumi di auto in coda. Senza questo preambolo sarebbe molto difficile entrare appieno nella sua pittura, perché non riusciremmo a cogliere il punto di partenza insito in questo tipo di astrazione. Opere come Crystal Currents (2014), Dream Dancers (2014), Floral Still Life (2016), Horned Dilemma (2017), Landscape Ritual (2016) e The Group (2014), ma potremmo citarne ancora altre, sono frutto da un lato della costante immersione nella natura e dall’altro, attraverso un successivo processo mentale, della sua geometrizzazione/esemplificazione. Tale processo creativo non è poi concettualmente tanto distante da quello dei nativi, in cui fiumi, pietre, fiori ed alberi, i soggetti prediletti di Gregg, vengono destrutturati, semplificati, tanto che un solo dettaglio (formale o cromatico) riesce ad esprimerne la complessità e l’essenza. Ma qual è lo scopo di tutto ciò? Quello di liberare le forme, di sprigionare l’energia vitale insita in esse, di cogliere, come i nativi appunto, la spiritualità e l’armonia di quella terra. Ed a proposito di armonia: i suoi lavori sono attraversati da un ritmo, anch’esso libero e che non segue uno schema pentagrammato, cui sembrano sottendere le forme, a volte persino apparentemente massicce eppure tanto eteree, quasi danzanti, che li popolano. Credo questo si spieghi col fatto che Gregg è anche un bravo batterista e musicista, tanto che, ne sono convinta, il modo migliore per fruirne i dipinti è quello di immergerli nella sua musica. Nel fare artistico di Gregg non c’è una distinzione netta tra pittura e musica, anzi l’una implementa l’altra, in una costante ricerca di armonia e di significato primario che lasciano intravedere l’essenza profonda della vita e la sua bellezza priva di orpelli. In mostra compare anche una serie di gouache e pastelli su carta realizzata nel 2015 tra Murano e Ravenna. Oltre a ricordare l’amore di Gregg nei confronti dell’Italia, che tante volte l’ha ospitato ed ispirato, credo ben testimonino, con le loro pennellate particolarmente guizzanti e gestuali, ricamate nell’aria, proprio l’incontestabile connubio tra musica e pittura, in questo caso rese ancor più complici dalla brillantezza dei vetri e dei riflessi dell’acqua da un lato, e dagli ori dei mosaici dall’altro. Mi sento di affermare che probabilmente questa di Gregg non è né vuole essere una mostra per tutti, ma certamente ammalierà coloro che non amano soffermarsi al primo colpo d’occhio, e che invece desiderano spingere lo sguardo un po’ più nella profondità delle cose.
Adelinda Allegretti
______________________ My work is on the border between abstraction and surrealism, formal design and automatism. I begin a work very spontaneously, often with the canvas lying on the ground and soaked with water to make the colors flow.
Then I proceed to re-draw and mold the shapes, alternately adding and removing layers of paint to reveal the implicit imagery. Ultimately, the painting tells me how to resolve the final result, which may, or may not, correspond to anything in nature.
My paintings are usually improvised from the beginning, without a preliminary sketch. Their final form is arrived at through the direct application of paint. while elements of drawing are repeatedly allowed to appear and then are covered over again, until a final result emerges.
A work may evolve into a lyrical, atmospheric work, or one where formal structures of design suggest the figure, the landscape, or even still life, but re-interpreted into a purely imaginative realm, creating a personal, yet universal, world of forms, whose meaning changes with each viewer.