IN COLLABORAZIONE CON L'UFFICIO CULTURA E INFORMAZIONI DELLA TURCHIA
Con il patrocinio della Regione Umbria, del Comune di Gualdo Tadino e della Karatekin University in Çankırı
L’incontro con le opere di Ersoy Yilmaz (Ankara 1977) è avvenuto nel 2013, in occasione delle selezioni per una mostra che stavo organizzando presso l’Eduard Vilde Muuseum di Tallinn. È stato amore a prima vista. Mi colpì l’incredibile virtuosismo tecnico di Ersoy, la sua -ancora oggi per me strabiliante- capacità di trattare la superficie ceramica come fosse una tela, sebbene chi si occupi di tale medium sappia bene quanto sia più complicato. Tutto questo ha un nome tecnico specifico: underglaze. Immaginate di realizzate un acquerello, ma sostituite al foglio la ceramica: impossibile tornare sui vostri passi e correggere l’operato. Il processo di lavorazione è certosino, delicatissimo. Non è pura questione manuale, ma di centratura sul pezzo. Hic et nunc, un qui ed ora che rasenta l’atto meditativo. Ma c’è un altro fattore che ai miei occhi rende i suoi lavori ancora più carichi di fascino, ovvero quell’insolito connubio tra iconografia orientale e soggetti occidentali. La sua passione per il cinema, per quello europeo degli anni ’60 e ’70, in primis Alain Delon, Claudia Cardinale e Sofia Loren, ma anche Ornella Muti, per la quale ha una vera e propria predilezione, Monica Bellucci e Roberto Benigni, come per quello americano, dai classici, con Grace Kelly o Roy Scheider, fino a Nicole Kidman e Leonardo Di Caprio, lo porta ad estrapolare dei frames, inquadrature perlopiù riconoscibili e riconducibili a pellicole famose. A questo punto avvengono degli slittamenti iconografici: Ersoy inserisce una texture decorativa tipicamente turca lasciando intatto il resto dell’ambientazione, come in Bellucci in a Turkish Tent (2013) o nel coevo Mar adentro; fa indossare, ancora alla Bellucci, un tipico anello orientale in Ottoman Ring; fonde assieme una famosa scena del Titanic con l’altrettanto onnipresente momento arabo della condivisione del tè; sostituisce le attrici orientali con le dive del cinema nostrano, come in Loren as a Traditional Turkish Girl o in Muti with Fez. In ogni caso Ersoy ha il grande merito di fondere insieme culture sì diverse, ma che attraverso il linguaggio visivo della pittura e del cinema accorciano l’inevitabile distanza che le separa. E certo in un momento politicamente complesso come quello in cui viviamo, c’è davvero bisogno di un messaggio di reciproca appartenenza culturale. Adelinda Allegretti
Bellissimi gli affreschi di Matteo da Gualdo recentemente restaurati. La chiesa di San Francesco, splendido esempio di arte devozionale legata all’ordine francescano, fu edificata alla fine del XIII secolo per ospitare i francescani conventuali. Sorge sulla piazza principale del centro storico di Gualdo Tadino, piazza Martiri della Libertà, sul lato opposto alla cattedrale di San Benedetto.
Chiesa Monumentale di San Francesco La chiesa di San Francesco, splendido esempio di arte devozionale legata all’ordine francescano fu edificata alla fine del XIII secolo per ospitare i francescani conventuali. Sorge sulla piazza principale del centro storico di Gualdo Tadino, piazza Martiri della Libertà, sul lato opposto alla cattedrale di San Benedetto. La sua facciata tuttavia si affaccia su corso Italia, mentre il fianco sinistro dà sulla piazza ricavata sul chiostro del demolito convento. L’edificio presenta il prospetto principale caratterizzato da una copertura a capanna e da un monumentale portale gotico, questo, sovrastato da una lunetta trilobata, presenta un apertura ad arco acuto ornata con capitelli a foglie d’acanto. Notevoli sono inoltre i poderosi contrafforti cilindrici che si dispongono su un fianco dell'edificio, secondo il modello costruttivo delle chiese assisane. Maestoso il campanile collocato di fianco all’abside, a pianta quadrangolare e con la parte terminale in cotto. All’interno la chiesa si presenta costituita da un’unica navata suddivisa in tre campate e coperta da archi trasversali e volte ad ogiva, una struttura che ricorda San Francesco ad Assisi, con l’ambulacro, che da appena sotto le volte, scorre lungo tutto il perimetro della chiesa. La zona presbiteriale culmina nell’abside ottagonale, aperto, con tre altissime bifore gotiche. Particolarmente ricco l’apparato decorativo delle pareti che sono affrescate con dipinti del XIV e XV secolo. Le opere più pregevoli sono sicuramente quelle di Matteo da Gualdo. A lui e alla sua bottega sono attribuite la Crocifissione dell’abside, la Madonna col Bambino e San Francesco nella terza arcata di sinistra e la Madonna col Bambino e Sant’Anna sul pilastro tra la prima e la seconda cappella della chiesa. Quest’ultima è la più antica opera che conosciamo dell’artista gualdese ed è di particolare importanza per lo studio della sua formazione. Da citare sono infine il coro, l’altare maggiore ed il pulpito sulla sinistra, tutti e tre risalenti al XIV secolo. Nel corso dei secoli subì numerosi interventi di restauro in particolare dopo il terremoto del 1751 che la danneggiò notevolmente.
Storia della Città di Gualdo Tadino Dalle pendici del monte Serrasanta la città domina un'ampia e fertile conca intramontana. Il nome attuale rievoca complesse vicende storiche. Numerose testimonianze archeologiche dimostrano che la zona fu frequentata fin dall'età preistorica: nella valle di Santo Marzio è stato rinvenuto un ripostiglio con oggetti in bronzo e due dischi aurei del XII secolo a.C., ora al Museo Archeologico Nazionale di Perugia, e anche il Colle Mori, poco più a nord fu occupato sin dal II millennio a.C. Fra l'VIII-VII secolo e il III secolo a.C. si sviluppò un importante centro umbro abitato dalla comunità dei Tadinates, che, come attestano le minacce rituali riportate nelle Tavole bronzee di Gubbio, erano in lotta con gli eugubini. Con la conquista romana dell'Umbria, nel III secolo a.C., sorge nell'area di Sant'Antonio di Rasina, lungo quella via Flaminia che dal 220 a.C. collega Roma e Rimini e che avrebbe determinato le vicende del luogo nei secoli successivi, l'insediamento di Tadinum. Nel VI secolo d.C. la guerra greco-gotica infuriò proprio lungo la Flaminia, che collegava Roma ai possedimenti bizantini e a Ravenna. Totila, re dei Goti, distrusse Tadinum, ma nella stessa località, nel 552 d.C., durante la decisiva battaglia di Tagina, fu sbaragliato e ucciso dai Bizantini guidati da Narsete. In seguito la città venne saccheggiata dai Longobardi di Alboino e di Liutprando e poi dai Saraceni e fu rasa al suolo da Ottone III nel 996. Pochi anni dopo il Mille risorse con un nuovo nome di origine longobarda, Gualdo, derivato da wald, bosco. Distrutta da un incendio, fu nuovamente edificata sul colle di San Michele, per concessione di Federico II, poco prima della metà del XIII secolo e il borgo assunse allora la forma che tuttora la caratterizza. Alla fine del XIII secolo fu assoggettata da Perugia, sotto il cui dominio rimase fino al 1469, anno in cui divenne legazione autonoma dello Stato pontificio. Nel 1833 Gregorio XVI le conferì il titolo di città e ne cambiò il nome da Gualdo di Nocera a Gualdo Tadino.
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