Visitare questa mostra di Giovanna d’Avenia equivale ad intraprendere un viaggio alla volta di mete che nell’immaginario collettivo diventano sinonimo di avventura, di natura incontaminata, di località esotiche, a volte persino ostili alla presenza umana. Gli acquerelli della d’Avenia hanno la straordinaria capacità di ritrasmettere all’osservatore l’atmosfera di quegli spazi aperti conosciuti in prima persona. Allo stesso modo in cui, nei lavori dedicati alla Provenza, dai cristalli violetti, frantumati e divenuti un tutt’uno con il colore steso delicatamente sulla carta, sembra promanare, nitido, il profumo della lavanda, così le sabbie e le terre desertiche della Libia, in Luci ed ombre e Rocce nel deserto, evocano le asperità ed al contempo la solarità di quei luoghi. Le opere più recenti mantengono vivo il ricordo dei viaggi in Mustang, Nepal, ed in Ecuador. Qui le stratificazioni trasversali di materiali vulcanici che caratterizzano la Cordigliera diventano lo spunto per un complesso gioco prospettico, grazie all’alternanza ed al susseguirsi di tonalità che variano dai bruni ai verdi, dal bistro all’ocra, ed all’inserto di rocce vulcaniche che sporgono, in maniera più o meno decisa, dalla superficie bidimensionale del foglio, tanto che nella Cascata Velo de la Novia, le rocce in primo piano guidano lo sguardo verso un punto di fuga che segue a ritroso il movimento delle acque. Delle Isole Galápagos, universalmente note per aver dato una svolta decisiva alla teoria evoluzionistica di Darwin, la d’Avenia riesce a trasmettere tutto il fascino ed il mistero che da sempre le avvolge: Flutti sull’Isla Española si trasforma in un sapiente ed evocativo monocromo, mentre Strane forme: Isla Tortuga acquista un’insospettata fisicità ancora una volta grazie agli stessi inserti materici che ricorrono in Sabbia e roccia: Isla di San Bartolomé e che sono ormai una nota di distinzione di questa valida artista torinese. Torino, 10 febbraio 2002
Adelinda Allegretti
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