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Gabriela Bernales
Monografia. Testi critici di: Adelinda Allegretti, Romano Battaglia, Toti Carpentieri, Raúl García Montero, Mario Pomara, Giorgio Seveso
Schubert Editore, Milano
Giugno 2000
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Ogni espressione artistica, nel senso più ampio del termine, è sì la risultante di tutta una serie di esperienze, incontri ed intuizioni, ma a rendere un’opera unica ed irripetibile nel suo genere sono le emozioni che riesce a trasmettere a chi le osserva. E’ proprio questo a fare di Gabriela Bernales un’artista "vera", che non ha paura di manifestare al mondo intero i suoi sentimenti. Lo dimostrano Enamorados (1991) e Mi madre adorata, che esprimono quella sincerità degli affetti che contraddistingue, prima ancora delle sue opere, la sua persona. Spontaneità, semplicità ed umiltà sono doti rare, che Bernales riesce a sua volta a trasmettere nel suo lavoro. Il ritratto della madre esprime eleganza e austerità, ma al contempo dietro ogni segno, ogni singola pennellata c'è l'amore incondizionato che lega l'artista all'adorata figura materna. Nata e cresciuta in Perù, sebbene da una famiglia benestante, Bernales ha visto fin troppa povertà e dolore, che la sua indole non le ha consentito di gettarsi alle spalle, come qualcosa appartenuto al passato e dimenticato per sempre. Sono questi i sentimenti che aleggiano ne El grito del dolor e Muerte del padre (1992), dipinti ancoa in grado di raggiungere elevati livelli di pathos, che molta arte non riesce più ad esprimere. La sua non vuole essere una pittura "di concetto", ma immediata, che prende le mosse dalla realtà quotidiana, dai piccoli e grandi drammi della vita di tutti i giorni, ma anche dai momenti di gioia e serenità. Gli anni gi studio condotti presso l'Accademia di Belle Arti di Brera hanno lasciato un segno indelebile. Cambiano il contesto sociale ed i soggetti raffigurati, ma quella che rimane invariata è la volontà di confrontarsi direttamente con il proprio mondo. Marcha estudiantil si fa portavoce di una denuncia gridata a piena voce; ne sono protagonisti alcuni giovani, suoi coetanei, che hanno il coraggio di rivendicare i propri diritti. Anche quando affronta tematiche come questa Bernales non fa altro che raccontare il proprio mondo. In questo consiste la sua pittura: raccontare ciò che viene vissuto in prima persona, quindi la propria vita, assunto nel quale grandi artisti hanno già creduto, unico modo per "sentire" i soggetti dipinti. Pur guardando ed ammirando i grandi artisti del passato (van Gogh e Picasso non sono che un esempio), qualsiasi "etichetta" si volesse attribuire al lavoro della Bernales risulterebbe inadatta, in quanto restrittiva. Nella sua pittura c'è un'indubbia conoscenza dei maestri e delle opere che hanno contribuito a scrivere la storia dell'arte, ma allo stesso tempo c'è un'assimilazione che si evolve in una cifra del tutto personale, originale, che si distacca profondamente da ciò che può essere definito il "punto di partenza". Lo dimostrano i nudi: persino l'omaggio a Marylin Monroe, fotografata e ritratta migliaia di volte, acquista una freschezza nuova, inaspettata. La stessa intensità ricorre in opere quali Fanciulla snella e bruna... e Mi piaci silenziosa perchè sei come assente... (1998). Tra gli ultimi lavori troneggia la serie dei matadores, dal forte impatto visivo ed emotivo. Uomo e toro, intelligenza e forza che si fronteggiano e si confrontano. Le corride, trasposizione in chiave moderna dell'antica tauromachia, ci hanno abituati alla vittoria dell'uomo sulla forza animale. Anche nelle opere di Bernales il toro è sanguinante, ferito a morte, agonizzante, ma altrettanto spesso è il matador ad avere la peggio, ad essere scaraventato in aria dalla furia animale, o calpestato in una pozza di sangue. Eppure, nonostante la tematica e la violenta cromia, non c'è raccapriccio in questi lavori di gusto espressionistico che, al contrario, esprimono una straordinaria vitalità.
Torino, 20 dicembre 1999
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