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Danila Tripaldi. I giochi del possibile
Mostra personale
Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano
18 novembre - 10 dicembre 2003
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Nel trovarsi di fronte alle opere di Danila Tripaldi lo spettatore non può che restare affascinato e visivamente catturato da un mondo pittorico al contempo complesso e fiabesco, talmente ricco di dettagli che ad ogni analisi sembra spuntar fuori una nuova scritta, un nuovo oggetto o addirittura un personaggio sino a quel momento passato inosservato. Eppure, in questo tripudio di colori, di animali inesistenti, di oggetti che prendono vita, di fate, di palazzi-persone e di montagne-palazzi ognuno di essi ha un preciso ruolo, una ragion d’essere ed una giusta chiave di lettura. Nulla è casuale. C’è poi una sottile, a volte persino tagliente, critica sia nei confronti di un generalizzato potere che non risparmia la civiltà dalla guerra sia di una società che deve fare quotidianamente i conti con la mancanza di lavoro. È proprio a questo che in Come sopravvivere? (2002) si riferiscono le lettere estrapolate dalle pagine di un quotidiano; un problema reale, tangibile, dal quale neppure un artista è esente. In Lettera alle fate (2001) la figura femminile, dall’abito rinascimentale, calze a rete e tacchi a spillo, reca con sé una lettera. Sulla busta si legge, a chiare lettere, “gentili fate/via della speranza”. È l’artista e l’opera è un’invocazione alle fate, che dall’alto delle montagne concederanno il loro aiuto, a dispetto di altre persone che voltano le spalle, indifferenti. Di un’innocenza struggente è Jack sale in cielo (2000). Jack, il piccolo uovo rotto, non diventerà mai un pulcino come gli altri che, sbigottiti, lo stanno a guardare. Dio -un’entità che permea di sé tutto il creato senza per questo avere connotazioni cristiane- ha comunque in serbo per lui un posto al suo fianco, in cielo. Nel fantastico mondo della Tripaldi tutto, oggetti compresi, ha un’anima. Pertanto ogni cosa può essere corrotta, come accade agli “innocenti” fiorellini di Ammiccamenti (2000). Bisogna poi fare i conti con le invidie altrui, come nel coevo I testimoni in cui, in un’atmosfera a metà strada tra l’Alice nel paese delle meraviglie di Carroll ed Il processo kafkiano, da ogni dove spuntano bocche che sparlano ed occhi che spiano. Persino i mobili hanno occhi per guardare, scrutare e giudicare. Ancora una volta è l’immanenza del divino, tutt’altro che impietoso con le proprie creature, emanazioni di se stesso. La pittura di Danila Tripaldi è colta, carica di simbolismo, ricca di riferimenti autobiografici, sensibile alle problematiche di una società in pieno disfacimento morale e sa ritrovare nelle fate come in un non-pulcino tutta la bellezza e la complessità della vita. Torino, 2 novembre 2003
Adelinda Allegretti
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Rassegna stampa |
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