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Graziano Cugildi. Interferenze
Mostra personale
Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano
19 giugno - 9 luglio 2003
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Se c’è un soggetto che ricorre, costante, nelle opere di Graziano Cugildi, quello è l’uomo. Volti inespressivi, dai contorni spesso sfocati, lontani da qualsivoglia introspezione psicologica, dominano, ora solitari ora in gruppo, lo spazio ristretto e soffocante della tela o dei cartoni di piccole dimensioni. Attori di una trama inesistente, con lo sguardo vuoto fissano lo spettatore, alla ricerca di un contatto che non avverrà mai, tanto distanti sembrano dalla nostra realtà. Eppure ci guardano, impassibili, ed anche quando manca un vero e proprio volto, c’è sempre un grande occhio che ci scruta. È la coscienza, la psiche, o persino il pensiero, come lasciano intendere alcuni titoli. Per quanto ci si possa sforzare di trovare un punto d’incontro l’incapacità di comunicare resta inalterata, un silenzio tra noi e loro che pesa come un macigno, ma che sembra infastidire più noi, lasciando completamente indifferenti gli altri. Infatti il disagio è solo nostro, mentre i personaggi di Cugildi, pur in quello che ai nostri occhi compare come un estraniamento, parlano tra loro, si raccontano delle fiabe, passeggiano sotto la pioggia, cantano, lodano, affollano mercati. E allora, dov’è l’incomunicabilità? E se fosse un limite solo nostro? Forse dovremmo ribaltare il punto di vista e, con umiltà, spingere stavolta il nostro pensiero, o la coscienza, non importa il nome che gli attribuiamo, a guardare oltre, a sollevare il velo di Maja di schopenhaueriana memoria. Potrebbe cambiare il modo di percepire la realtà ed il silenzio che avvolge questi personaggi finalmente ci direbbe qualcosa. Torino, 2 giugno 2003
Adelinda Allegretti
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Rassegna stampa |
- da Exibart.onpaper, n. 8, anno II, p. 71, luglio-agosto 2003
- da Il Giornale, n. 144, anno XXX, 19 luglio 2003
- da Zero2, n. 146, p. 54, 16-30 giugno 2003
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