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Pierre Mantrà (F)
Mostra personale
Studio Laboratorio di Anna Virando, Torino
5-20 giugno 2003
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In collaborazione con la Galleria Schubert, Milano.
Forme imprecise, indefinite, che sembrano galleggiare in uno spazio altrettanto amniotico delimitato dalla tela. È così che si presentano, almeno ad un primo impatto visivo, le opere di Pierre Mantrà, già selezionate da Lorenzo Bonini in occasione della prima tappa espositiva nella milanese Galleria Schubert. Poi, ad uno sguardo più attento, più legato ad una percezione mentale che non visiva, compare ben nitido quella sorta di fil rouge che, come un mitico filo di Arianna, si dipana accompagnando l’osservatore verso un mondo interiore che non ha più nulla a che fare con la mimesis, ovvero con la rappresentazione del reale, con l’imitazione della natura, ma che raggiunge ormai livelli di coscienza ben più profondi. Completamente assente il disegno, alla trasparenza del colore Mantrà affida il difficile compito di attrarre chi guarda in una dimensione abissale, di una profondità imperscrutabile, di cui solo pochi elementi -proprio quelle stesse forme imprecise che prima abbiamo definito galleggianti- si manifestano in superficie. Ma esse sono solo la punta di un iceberg, perché sotto c’è ancora un’infinità di sensazioni da cogliere. Le opere di Mantrà vogliono essere il frutto di una contemplazione, di un travalicamento del reale verso una dimensione “altra”. Ed egli fa tutto ciò con una maestria tale che non necessita della complicità del colore, o meglio, questo non è altro che un mezzo, come lo sono la tela ed i pennelli, per guidare il fruitore in un viaggio attraverso un mondo insondato, in continuo divenire. Per questo motivo i suoi lavori, spesso veri e propri monocromi, si limitano ad una gamma tonale ben ristretta: Mantrà non vuole attirare la nostra attenzione, preferisce che ognuno di noi entri nei suoi dipinti, in quel mondo che comunque appartiene alla coscienza collettiva, né con la curiosità né col raziocinio, ma spontaneamente e, soprattutto, solo quando ci sentiamo veramente pronti, abbastanza forti e decisi a varcare quella fatidica soglia rettangolare. Ed allora, solo allora, riusciremo a dare a quelle forme imprecise che galleggiano sulla tela la giusta valenza, ovvero quella di presenze epifaniche, metafisiche nel senso più letterale del termine e che, anche se solo per alcuni istanti, travalicano la pittura e si manifestano in tutta la loro, comunque inarrivabile, bellezza. Torino, 4 maggio 2003
Adelinda Allegretti
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Rassegna stampa |
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