Adelinda Allegretti Curator Studio&Gallery, Gualdo Tadino (PG) 3-31 agosto 2017
Le opere di Paul Paiement sono gestite in esclusiva.
Chiunque si ponga di fronte alle opere di Paul Paiement, che ne conosca già la ricerca o meno, subisce sempre una sorta di corto circuito percettivo. Tra l’azione del guardare e quella del riconoscere passano secondi interminabili; uno scarto temporale che varia da un individuo ad un altro, dettato dal background culturale e dalla dimestichezza/conoscenza del mondo animale e di quello tecnologico. Sì, perché tutto si gioca su un connubio, tanto straordinariamente originale quanto storicamente portato in auge dal pensiero barocco, tra Naturalia ed Artificialia, che insieme danno forma alle Mirabilia. Come accadeva nella Wunderkammer, termine tedesco che nel Cinquecento, e per circa due secoli, caratterizzava degli ambienti, vere e proprie camere delle meraviglie, creati ad hoc da collezionisti colti e principeschi che qui riunivano oggetti effettivamente esistenti in natura (resti di animali rari, per esempio) o creati artificialmente (unendo ossa di animali diversi per dare l’idea di esseri primordiali, magari estinti e quindi non più “verificabili” scientificamente) con l’unico scopo di lasciare senza fiato, meravigliare appunto, un pubblico di pochi eletti cui era consentito il privilegiato accesso a tali spazi, precursori dei moderni musei. La ricerca di Paiement va esattamente in questa direzione. Musca Ducatia (2013) ne è uno dei lavori più rappresentativi, non fosse altro per l’importante dimensione che inevitabilmente finisce col fagocitare il fruitore, attirandolo a sé anche con la curiosità di verificarne la tecnica di esecuzione, per poi scoprire, e qui la meraviglia raddoppia, che si tratta di straordinario virtuosismo pittorico (aspetto fondamentale, sul quale mi riprometto di soffermarmi in altra sede, in un’era in cui l’uso del pennello è stato surclassato da metodi di riproduzione che non richiedono più alcuna maestria manuale). Qui lo stupore è dettato dalla capacità di sovrapporre due soggetti distinti, una mosca ed una moto Ducati, appartenenti a separate realtà, naturale la prima, tecnologica la seconda, ma perfettamente unite in simbiosi, a creare qualcosa di altro, di ex novo, che varia il significato originario di entrambi gli elementi ed introduce ad una terza realtà: l’ibrido. Mi viene in mente, quale esempio più rapido e facile, almeno per quanti appartengano alla mia generazione, “La mosca” (1986) di David Cronenberg, in cui Jeff Goldblum alla fine dell’esperimento di teletrasporto (ovviamente anche in “Star Trek” era già accaduto qualcosa di simile) si ritrova a non essere più né uomo né mosca, ma un ibrido, un miscuglio di DND del primo col secondo. Ecco, i lavori di Paiement sono esattamente questo, implicazioni orrorifiche a parte. Anzi, a ben riflettere, questa nuova entità ha una valenza esclusivamente positiva, perché non è la Natura a farsi scientifica, ma la tecnologia ad imitare la perfezione della Natura. Che sia arrivato davvero il tempo di ricercare nella tecnologia, come già il Rinascimento fece per l’uomo, quella stessa valenza di microcosmo? Il “come sopra così sotto” di Ermete Trismegisto? Allora forse l’umanità svilupperebbe una tecnologia più etica, in grado di integrarsi alla Natura nel suo senso più ampio, fatto di esseri che con(di)vivono in simbiosi ed in totale rispetto reciproco. Adelinda Allegretti