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Luciano Francone. Luci e ombre sui muri del cielo
Mostra personale
Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano
15 dicembre 2001 - 31 gennaio 2002
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Un nuovo spazio espositivo nasce nel cuore di Milano e l’evento non poteva che essere suggellato con la scelta di un artista “fuori dagli schemi” come Luciano Francone, che dopo molti anni di attività creativa è ancora capace come pochi colleghi di incuriosire lo spettatore, di catturarne l’attenzione visiva e mentale. Impossibile incasellare la sua ricerca: come ha scritto Gianluigi Marianini, Francone è “un trovatello pittorico, un figlio di nessuno di cui non si possono trovare le radici ed i maestri nell’anagrafe dell’Arte”. E se è vero che i suoi lavori non possono essere considerati né surrealisti né astratti, né metafisici né concettuali (o meglio sono contemporaneamente tutto ciò), è altrettanto vero che sarebbe limitativo definirli delle semplici pitture. Francone ama sperimentare, assemblare gli oggetti più disparati, quali tavole di legno, filamenti metallici, chiodi, carta, corteccia, pietre, viti, bulloni e catramina, attraverso i quali dar vita ad una compenetrazione di piani. Come un demiurgo egli fa e disfa, tenta via sempre nuove, alla continua ricerca della perfezione formale e dell’equilibrio tra le parti. In ogni suo lavoro, da Libero nello spazio (1999) alle due versioni della coeva Sonda spaziale, da Le radici dell’obelisco (1997) a I dardi di Diana (2000), l’armonia della composizione è quasi tangibile. Ed in alcuni casi i filamenti metallici sono sospesi a metà, solo in parte collegati alla superficie pittorica: attendono l’intervento umano, qualcuno che sollecitandone l’oscillazione lasci “vibrare le corde” e resti in silenzio ad ascoltare il suono dell’infinito, dell’universo. Quello stesso armonioso suono che Metronomo (1999) si accinge a scandire. C’è una profonda spiritualità nelle opere di Luciano Francone: i cieli di un azzurro infinito, irradiati di luce, mai uguali a se stessi ed impreziositi dall’oro, sono una presenza costante, vero e proprio punto di partenza e leitmotiv delle sue composizioni. Torino, novembre 2001
Adelinda Allegretti
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