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Eugenio Coppo
Mostra personale
Monastero di Santa Scolastica, Subiaco (RM)
29 marzo - 30 aprile 2010
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Quando i Padri Benedettini, ormai molti mesi fa, hanno accolto la mia proposta di allestire una mostra d’arte contemporanea all’interno degli antichi chiostri, mi si presentava il compito di selezionare un artista e, conseguentemente, delle opere adatte ad uno spazio che non solo trasuda una storia millenaria, ma che è universalmente riconosciuto come uno dei luoghi più suggestivi della cristianità. Per questo motivo la mia scelta è stata particolarmente lunga e sofferta, sentendo l’onere di una grande responsabilità, ovvero trovare delle opere che, se da un lato interpretano il concetto di contemporaneità, dall’altro siano in grado di sostenere concettualmente il confronto con luoghi in cui azione, pensiero e preghiera - l’”Ora et Labora” campeggia all’ingresso del monastero, accogliendo il visitatore - da sempre contraddistinguono l’operato dei monaci. Alla visione dei lavori di Eugenio Coppo, architetto e designer messinese, è scattata in me un’immediata empatia. Mi riferisco specificatamente al termine coniato dal filosofo Robert Vischer il quale, vissuto a cavallo tra l’Otto ed il Novecento, parlò per la prima volta di «Einfühlung», definendo proprio il significato di simpatia estetica, ovvero il sentimento che si prova di fronte ad un’opera d’arte. Una sorta di fulmine a ciel sereno. Era lui l’artista che cercavo. Inoltre, ad ogni successivo passo, trovavo riferimenti col Sacro, ad iniziare dal numero delle opere che costituiscono il ciclo qui esposto: 10, come i Comandamenti. Non 9, né 11. Un caso? Ed ancora: la particolarità di queste sculture consiste nella proprietà cinetica. La storia dell’arte degli anni Cinquanta e Sessanta si è già confrontata con l’idea del movimento, da Tinguely a Calder, come pure da Colombo ad Alviani. Perlopiù a cambiare era la percezione dello spazio da parte del fruitore. Nelle opere di Coppo l’intervento dell’uomo sull’oggetto ne determina la forma, e persino la sostanza, tanto può variare la chiave di lettura dell’opera. Sfera 208 (2008) è costituita da 34 elementi, Disco dinamico (2009) da 39, Pannello verticale (2009) da 41, Trinacria (2008) da 50 e così via sino ad Ogiva (2009), che ne conta 60. Tutte in acciaio inossidabile, queste opere camaleontiche assumono forme diverse a seconda del modo in cui il fruitore decide di posizionare i singoli elementi che le compongono. Otterremo così strutture chiuse o aperte, simmetriche o asimmetriche, allineate o scomposte, in una variante infinita che va di pari passo con la potenzialità della mente umana. Ma c’è un’altra implicazione. Senza l’intervento umano la singola scultura rimarrebbe ancorata ad una forma, certamente decisa dall’artista, ma senza effettiva mutazione o sviluppo. È il fruitore il vero demiurgo di queste sculture. Solo lui può far vivere l’opera, modificandola nella disposizione dei singoli elementi, e che pertanto apparirà in continua trasformazione. In un luogo in cui il fare, da sempre, si lega con la preghiera e la meditazione, tutto ciò appare come un tassello che trova posto all’interno di un immenso puzzle, a ricordarci che se è vero che nasciamo tutti uguali, abbiamo il compito di crescere, sia attraverso le azioni che il pensiero. Il modificare le opere assume anche un aspetto ludico. Da Munari in avanti l’arte diventa momento di gioco, beninteso per il bambino quanto per l’adulto. È uno stimolo, ancora una volta, alla crescita intellettuale, spirituale e morale. E l’acciaio inossidabile, lucido, “polito” ed incorruttibile, simboleggia l’alto valore intrinseco dell’oggetto e della sua azione sull’agire umano. Una mostra che ben si sposa con il credo benedettino e la sua regola, che identifica l’agire come parte fondante della crescita spirituale. Adelinda Allegretti
Eugenio Coppo, architetto, nasce a Messina il 13 aprile 1957; figlio d’arte: la madre, Anna Bertelli, era una pittrice molto affermata negli anni '60/70. Nel 1976 si diploma presso l’Istituto d’Arte di Messina e, già durante gli studi in architettura, inizia l’attività artistica. In occasione di una viaggio di studio rimane affascinato da una scultura cinetica di Alberto Biasi nella quale un raggio di luce veniva scomposto da un prisma ottico in movimento. Da allora, e per diversi anni, ha realizzato moltissimi multipli luminosi nei quali, in abbinamento al metallo, veniva sempre impiegato del plexiglass trasparente dando così origine ad una notevole collezione di sculture luminose. Dopo aver conseguito la laurea in architettura ha dato inizio ad un nuovo filone artistico progettando e costruendo, in serie limitata, oggetti artistici non più fine a se stessi ma capaci di svolgere una funzione come quella di “illuminare” l’ambiente circostante giungendo così alla produzione di una collezione di lampade artistiche. Successivamente, dopo essere stato influenzato dalla produzione di Ingo Mauer, ha sperimentato un nuovo percorso basato sull’utilizzo di tecniche produttive e materiali innovativi dando origine ad una nuova collezione di sculture illuminanti in serie limitata.
Storia del Monastero Il II Libro de "I Dialoghi" di San Gregorio Magno racconta che San Benedetto fondò nella valle sublacense dodici cenobi, abitati da altrettanti monaci. Egli andò a vivere in un luogo poco distante, situato nella villa neroniana, posta sulla riva destra dell'Aniene: questo fu il primo monastero, che si chiamò "San Clemente". San Benedetto dedicò a papa Silvestro un altro monastero, che più tardi si chiamerà "Santa Scolastica". Nel IX secolo fu distrutto dai Saraceni: papa Gregorio IV lo riedificò, Leone IV lo completò e Benedetto VII lo consacrò col nome di San Benedetto e Santa Scolastica. Nel X secolo, sotto l'abate Leone III, fu costruita una grande e nuova chiesa in stile romanico. Nel secolo XI l'abate francese Umberto edificò il campanile, il dormitorio dei monaci, una sala comune riscaldata ed una parte del chiostro con colonne di marmo. Successivamente Giovanni V, considerato l'abate più grande tra tutti quelli di Subiaco, dotò il monastero di altri locali, che divennero ancora più numerosi sotto l'abate Romano. In questo periodo prese vita il monastero di San Benedetto, ad opera del Beato Palombo che chiese a Romano il permesso di dimorare, come eremita, presso la "sacra grotta". Altri si avvicinarono a lui e, alla fine del XII secolo, si impiantò il primo cenobio, con un priore dipendente dall'abate della sottostante abbazia. Vi furono, quindi, due monasteri ed un'unica comunità (salvo l'interruzione dal 1739 al 1853), che i papi seguirono con grande cura, beneficandoli generosamente e spesso soggiornandovi. Tra questi ricordiamo Innocenzo III, Gregorio IX ed Alessandro IV. In seguito ad un fatto increscioso, gli abati furono eletti dalla Curia romana: non sempre ciò fu conveniente, tanto che i monaci diminuirono di numero e tra essi vi furono molti nobili, figli cadetti, obbligati ad entrare in monastero e, perciò, insofferenti. Nel 1363 fu eletto abate Bartolomeo III, di Siena, che, non riuscendo a ridurre a disciplina i monaci, espulse quelli più indocili ed invitò altri, di nazioni diverse, a venire a Subiaco. I tedeschi accorsero e dal 1364 ai primi decenni del 1500 a Subiaco ci fu una comunità europea. Tra il XIV ed il XV secolo l'abbazia fu intitolata a Santa Scolastica ed il monastero dello Speco si chiamò "San Benedetto". Tra i monaci tedeschi arrivarono anche due chierici tipografi, Corrado Sweynheym e Arnoldo Pannartz che nel 1464 introdussero l'arte della stampa. Nel 1456 nei monasteri di Subiaco fu disposto l'istituto della Commenda; sui monaci, cioè, doveva vigilare un ecclesiastico di nomina pontificia. Nel 1514 gli abati furono temporanei ed eletti dal capitolo generale della Congregazione Cassinese, della quale i due monasteri erano entrati a far parte. Sotto i giacobini i monaci dovranno andarsene dall'ottobre 1798 all'ottobre 1799 e sotto Napoleone per cinque anni. Nel 1850 Pio IX chiamò a Subiaco Pier Francesco Casareto con monaci liguri, che riportarono la comunità ad una sequela più rigorosa. Nel 1915 la Commenda fu soppressa. Nel 1944 Subiaco subì i danni della guerra, benché limitati e senza vittime. Oggi è un punto di riferimento per tutti coloro che, sulle orme di San Benedetto, vogliono "cercare Dio".
Chiostro rinascimentale Il primo chiostro o "Chiostro Rinascimentale" è la parte più recente del monastero di Santa Scolastica. La sua costruzione iniziò nel 1580, durante l'abbaziato di Cirillo di Montefiascone, e fu portata a termine nel 1689, quando era abate Michelangelo Inurea, fratello del doge Luca Maria. Il lato ovest, ricostruito dopo il bombardamento del 23 maggio 1944, ed il lato sud sono formati da archi poggianti su robusti pilastri; il lato nord ed il lato est, che prima del 1580 costituivano la facciata e l'ingresso del monastero, sono oggi occupati da altri edifici. Affreschi di autore ignoto, risalenti al 1600, si trovano sui pilastri del lato sud e raffigurano i papi che, nel tempo, visitarono il cenobio: Gregorio IX, Alessandro IV, Urbano VI, Pio II. Sulla parete dello stesso lato si trovano, incorniciate, fotocopie di documenti, di codici e di incunaboli presenti nella biblioteca del monastero, come la Regola di San Benedetto e il Regesto del IX secolo, nonché fotografie che testimoniano la visita degli ultimi papi: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.
Chiostro gotico Il secondo chiostro del Monastero di Santa Scolastica, detto anche "Chiostro Gotico", fu costruito tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300. La sua forma irregolare, a sei lati, deriva dall'unione di due rettangoli con diverso orientamento: i lati adiacenti alla chiesa rispettano la disposizione della parte più antica del monastero, mentre gli altri seguono una direzione che devia verso est. Forse qui un tempo stava l'ingresso, come si vede nell'affresco de Il miracolo della falce, posto nella galleria meridionale. Si chiama "Chiostro Gotico" per gli archi a sesto acuto, con doppio sguancio, che poggiano su robusti pilastri. Al centro sta un pozzo esagonale con parapetto e colonne di marmo, che un tempo appartenevano alla villa neroniana. Nel lato ovest, all'altezza del terzo e del quarto arco, è possibile ammirare il campanile ed il monte Francolano. La parete del lato nord è ornata di reperti provenienti dalle diverse chiese del monastero e dalla villa di Nerone. In una lapide, murata su un pilastro posto dirimpetto al portale della chiesa, è raffigurato il noto simbolo eucaristico: due cervi si abbeverano ad un recipiente poggiato su una pianta. Sulla schiena dell'animale di sinistra sta un'epigrafe, che allude alla consacrazione della chiesa di Santa Scolastica (4 Dicembre 980). Non chiaro è, invece, il significato dell'iscrizione posta nella parte superiore della lapide. Dal XIII secolo in questo luogo vennero stipulati gli atti pubblici, perciò era accessibile anche ai laici; tale prassi cessò con l'abate Cirillo (1577-1581), che apportò radicali modifiche alla vita monastica.
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